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LE
ITALIANE SI COCCOLANO DAL PARRUCCHIERE 2° Monitor sul rapporto delle donne con i saloni di acconciatura realizzato da Astra/Demoskopea per Wella Italia |
Va
dal parrucchiere per rilassarsi e vuole una capigliatura che
si adatti alla sua personalità, facendola sentire unica
e speciale. Per lei la visita in salone è una periodica
esperienza di mini-felicità. E’ l’identikit della cliente-tipo
emerso dalla seconda ricerca “Le italiane e i parrucchieri”
voluta da Wella. 510
interviste face to face, ovvero incontri diretti effettuati
a fine 2003, su un campione rappresentativo della popolazione
femminile tra i 14 e i 79 anni, pari a 24.4 milioni. I risultati Rispetto al primo monitor del 2000, nel 2003 si è verificata una modesta contrazione del mercato dell’acconciatura professionale nei saloni: 16.4 milioni di donne (-700.000) si affidano alle mani del coiffeur, ovvero il 67% vs 70%. Diminuiscono, però, solo le clienti marginali, quelle che si rivolgono al parrucchiere meno di una volta al mese, mentre le più assidue (da tre volte al mese a più volte la settimana) aumentano la frequenza (+ 3.3%). Insomma per le clienti doc la crisi internazionale e le ristrettezze economiche, con cui devono fare i conti moltissime famiglie italiane, non sono un motivo sufficiente per rinviare il consueto appuntamento dal parrucchiere. E’ una vera e propria gratificazione personale, un momento di piacevole relax, ideale per “staccare”, rigenerarsi e caricare le batterie. Uno dei piccoli piaceri della vita a cui non si può rinunciare. La scelta del parrucchiere è legata principalmente a bravura, abilità professionale (verificata nel tempo) e al rapporto qualità/prezzo: il che non significa pagare poco, ma pagare il giusto in rapporto ai risultati, al servizio offerto e all’atmosfera del salone. Inoltre, rispetto al 2000, il fattore tempo diventa fondamentale sia a livello quantitativo sia a livello qualitativo. Ciò vuol dire da parte del coiffeur non solo rapidità di esecuzione, ma anche capacità di offrire veri e propri momenti di benessere. Le clienti cercano e “comprano” un mix di professionalità e piacere, in modo da trasformare la visita in salone in un’esperienza gratificante e rilassante, una vera happy experience. La pagella del parrucchiere: buona ma con qualche “debito formativo” Alla domanda “Quale voto daresti al tuo parrucchiere?” ben il 61,5% delle intervistate promuove l’acconciatore di fiducia con un voto che va dall’otto al dieci. Una risultato positivo, anche se meno roseo rispetto al 2000 quando le entusiaste erano il 12,6% in più (l’1% preferiva non dare voti). Una percentuale di clientela che è andata ad allargare le fila delle abbastanza contente, che passano dal 23,8% al 32,1%, e delle insoddisfatte, balzate dall’1,1% al 6,4%. C’è spazio quindi di miglioramento. E le aree in cui viene chiesto ai parrucchieri di impegnarsi maggiormente sono, rispetto al 2000, bravura tecnica/professionalità, pulizia/cura dell’ambiente, qualità dei prodotti usati. Tre “materie”, indispensabili per il successo dell’attività di un salone, su cui i parrucchieri sono chiamati ad aggiornarsi in modo costante per assolvere il piccolo “debito formativo” dato da una clientela sempre più esigente e con le idee chiare in testa! LE ITALIANE E I PARRUCCHIERI Sintesi del 2° Monitor Astra/Demoskopea realizzato nel novembre 2003 per Wella Quante donne vanno dal parrucchiere, con quale frequenza e perché? Qual é il profilo del salone ideale, quali i motivi di soddisfazione e di insoddisfazione delle clienti? Ci sono dei segnali della nuova condizione femminile in Italia che si possono cogliere da questo particolarissimo angolo di visuale? A queste e ad altre domande risponde la seconda indagine svolta da Astra/Demoskopea a fine 2003 tramite 510 interviste ‘face to face’ - ossia personali e domiciliari, non telefoniche - realizzate col metodo CAPI (Computer Aided Personal Interviewing) ad un campione rappresentativo della popolazione tra i 14 ed i 79 anni, pari a 24.4 milioni di ‘lei’: indagine che fa seguito ad un’analoga ricerca del 2000. Come le donne si occupano dei loro capelli Le italiane 14-79enni in oltre due casi su tre vanno – più o meno spesso – da un parrucchiere: il che avviene più della media nel nord-ovest e tra le laureate, le studentesse, le impiegate, le insegnanti, le 14-24enni e le 35-44enni. I motivi, spontaneamente indicati dalle intervistate, sono sostanzialmente tre: solo l’acconciatore é in grado di fare certe operazioni complesse, garantendo risultati che a casa non é certo possibile conseguire; solo nel salone si trovano servizi che a domicilio sono impossibili; solo lì si riesce a ‘staccare’, a dedicarsi a se stesse, a godere d’un prezioso momento di relax e a volte di chiacchiere. Un’adulta su sette, invece, fa venire una parrucchiera a casa propria: con accentuazioni al sud, tra le ultra54enni, tra le donne poco o non scolarizzate, tra i soggetti di classe inferiore alla media, tra le casalinghe e le pensionate ma anche a volte tra le imprenditrici, le dirigenti e le professioniste che chiamano – magari la domenica o il lunedì – una brava acconciatrice che fa risparmiar loro tempo. Le ragioni sono anche qui tre, sempre spontaneamente segnalate in risposta ad una domanda ‘aperta’: la comodità, che a volte é addirittura impossibilità a fare altrimenti (se la donna é disabile o malata o comunque costretta a non uscire); la maggior convenienza, legata anche al fatto che le parrucchiere a domicilio in genere hanno bassissimi costi d’esercizio nella loro attività e spesso – specie al sud – operano in totale evasione fiscale, ‘in nero’; la conoscenza personale dell’acconciatrice, in taluni casi apprezzata come capace. Infine, un po’ più d’un’italiana su sei si dedica al ‘fai da te’; con coinvolgimento maggiore delle operaie, delle commesse, delle commercianti o esercenti o artigiane così come delle pensionate, residenti in particolare nelle regioni centrali, con la licenza media, in parte 25-34enni indaffaratissime e altre volte ultra64enni. In questo caso un motivo forte non é il desiderio di risparmiare: esso é preceduto dal “so fare da sola” e dalla convinzione di avere capelli che non hanno bisogno di alcuna cura. E il trend negli ultimi tre anni, cioè dal 1° Monitor Astra/Demoskopea per Wella a questo 2° Monitor? Beh, mentre il ricorso ad una parrucchiera a domicilio é rimasto stabile, il 3% delle 14-79enni ha smesso di frequentare un salone per dedicarsi al ‘fai da te’: all’incirca 700mila adulte, un po’ costrette dal forte calo percepito del loro potere d’acquisto e un po’ convintesi di potersi arrangiare da sole, stanti anche le caratteristiche della loro capigliatura. La frequenza dal parrucchiere Tutti i dati disponibili segnalano una modesta contrazione del mercato dell’acconciatura professionale nei saloni (con l’unica eccezione di quelli di maggiori dimensioni). Essa – come s’é visto – é stata determinata dal calo delle frequentatrici, scese dai 17.1 milioni nel 2000 ai 16.4 milioni a fine 2003. Ma é interessante notare che tale fuga ha colpito solo la clientela marginale, quella che va dall’acconciatore meno di una volta al mese. All’opposto é cresciuta la percentuale delle clienti dei saloni che vi si recano da una a tre volte al mese o senza una regola precisa (+2.0%) e pure di quelle che vanno dal parrucchiere una o più volte alla settimana (+1.3%). Tale trend ha a che fare con qualcosa di assai interessante: cioè col fatto che sempre più donne sono sì bisognose di limitare le spese proprie o per la famiglia ma – in mezzo a tante rinunce – cercano anche di non abbattersi, di non cadere in depressione, ma anzi di non rinunciare a qualche gratificazione personale: specie se, come nel caso delle clienti del parrucchiere, l’andare in un salone riesce spesso a dare un look migliore e insieme un’esperienza di rilassamento e di coccolamento. La riprova? Se 700mila adulte hanno rinunciato all’acconciatore, ben 800mila in più ora dicono che “andare dal parrucchiere é uno dei piccoli piaceri della vita” (con al di sopra della media le 35-44enni oberate di impegni familiari e professionali, le laureate, le lavoratrici autonome e le pensionate). In ogni caso la frequenza in salone cresce con l’età, col titolo di studio, con la classe socio-economica ed é più alta della media al sud e nelle due isole maggiori (ma minore nel nord-est). I motivi della scelta del proprio parrucchiere È un tema rilevante, che però non riguarda tutto l’universo femminile che frequenta saloni, visto che c’é ancora quasi mezzo milione di italiane che vive in località isolate che di salone ne hanno uno solo: il che avviene più della media nelle aree montane – alpine o appenniniche – della Lombardia, del Piemonte, della Valle d’Aosta e della Liguria. Le altre, cioè i 16 milioni di 14-79enni che vanno dal parrucchiere e possono scegliere, fanno la loro opzione sulla base di uno o più dei seguenti criteri: la bravura, l’abilità professionale, la capacità – verificata nel tempo – di saper ‘interpretare’ la singola capigliatura e con essa il volto e la personalità interi (un insieme di competenze che si traduce in affidabilità: molte donne parlano del proprio acconciatore “di fiducia”); il buon rapporto qualità/prezzo, che piuttosto raramente vuol dire prezzi bassi e che invece di solito significa prezzi giustificati dai risultati del lavoro, dal servizio e dall’atmosfera del salone; la comodità, intesa come vicinanza (a casa, al lavoro, ecc.) e come orari prolungati e flessibilità nel fissare e cambiare gli appuntamenti; la conoscenza da tempo (a volte familiare) del titolare e del personale; e – meno – il consiglio di altre donne, le caratteristiche della clientela, il prestigio del salone. Rispetto alla fine del 2000 tre sono gli incrementi d’importanza: il buon rapporto qualità/prezzo, per l’ovvio motivo che le donne sono diventate molto più attente a come spendono i soldi; la capacità di fornire soluzioni al problema del tempo, sia garantendo rapidità quando – troppo spesso e per troppe clienti – il tempo manca, sia invece offrendo un tempo ‘buono’, sereno e piacevole, quando uno degli obiettivi é godersi uno dei piccoli piaceri dell’esistenza; la gente che lo frequenta, a seconda dei casi desiderata giovane o non giovane, vivace o silenziosa, alto-borghese o proletaria, amichevole o riservata. Il salone ideale e quello reale Ma cosa vogliono, anzi pretendono, i 19.4 milioni di adulte che vanno dal parrucchiere? Tante cose, tanti pregi, solo in parte condivisi da tutte le interessate. Vediamo. Alcune domande sono quasi universali e riguardano le relazioni interpersonali, l’ambiente e – naturalmente – le qualità professionali di chi “mette le mani in testa” alla cliente. Si tratta della cortesia e dell’educazione degli addetti (e qui tutto funziona al meglio); della simpatia del titolare e delle lavoranti (se ne trova in abbondanza); della pulizia e dell’igiene dei locali (una battaglia finalmente vinta); dell’ambiente tranquillo e rilassato (non sempre é tale); dell’ordine (in generale buono) e della bellezza curata dell’ambiente (migliorabile in taluni casi ma per lo più adeguata); della bravura tecnica del o degli acconciatori, della loro capacità consulenziale, della capacità di valorizzare la singola capigliatura correggendone eventuali difetti e comunque di trovare le acconciature ‘giuste’ per quel volto in quel corpo (un’area ove sono attesi ulteriori passi avanti per una minoranza della clientela); il rapporto qualità/prezzo (reputato insufficiente in un caso su cinque). Emergono, poi, connotazioni ritenute rilevanti da vasti gruppi specifici di donne: la velocità che non fa perder tempo (ulteriormente incrementabile); l’ottima qualità dei prodotti usati (troppo spesso non adeguatamente promossi e motivati); il rispetto degli appuntamenti (a volte insufficiente); la non insistenza nel proporre prodotti e servizi (sono molte le critiche all’insistenza soffocante di vari parrucchieri); i prezzi bassi (un terzo delle donne desiderose di spender poco si lamenta assai in merito); l’ambiente non pettegolo (in un terzo dei casi le cose non funzionano); la diagnosi seria – magari tramite macchine apposite – e quindi la cura personalizzata dei capelli problematici (pure qui la domanda supera di non poco l’offerta); la capacità di riconoscere la cliente e le sue connotazioni, anche facendola sentire un po’ speciale (qui le cose vanno abbastanza bene); l’aggiornamento e l’innovatività dell’acconciatore (del tutto ok); la possibilità di scegliersi il parrucchiere preferito (pur’essa ok); i servizi di accoglienza con caffè o bibite e poi riviste e belle musiche di sottofondo (ove si é spesso raggiunta la perfezione); l’offerta di servizi collaterali di estetica (per i quali la richiesta é assai minoritaria e in genere soddisfatta). In definitiva le clienti dei saloni vogliono e ‘comprano’ sempre più un mix di professionalità e di piacere: con la prima data dalla competenza tecnica dell’acconciatore e dei suoi collaboratori, oltre che – in misura crescente e apprezzata – da macchine; e con il secondo (fatto di stile relazionale, cura dell’ambiente, atmosfera, ecc.) che si deve tradurre in ‘happy experience’, in una periodica esperienza di mini-felicità rilassata e gratificante. I trend dell’ultimo triennio segnalano la crescita di poche richieste: quelle di capacità tecnico-professionale, di offerta qualificata di prodotti da usare a casa, di non insistenza, di ambiente curato, di simpatia, di relax e (solo per poche) di prezzi più abbordabili. La soddisfazione delle clienti Alle donne che vanno dal parrucchiere (19.4 milioni su 24.4 milioni di 14-79enni) é stato chiesto di dare un voto al loro parrucchiere usando la scala scolastica da 1 a 10. Ebbene, il voto medio é risultato essere piuttosto elevato, pari all’otto meno meno. Ma, come spesso accade, la media nasconde profonde disparità, messe in luce dalla ‘torta’ qui sotto: essa mostra che una cliente su quindici é insoddisfatta; una su tre é abbastanza contenta, dando un voto tra sufficiente e discreto; più di sei su dieci lo sono veramente, attribuendo valutazioni comprese tra l’otto e il dieci. É interessante notare che il giudizio circa il proprio acconciatore é maggiore della media nel nord-ovest e nelle regioni centrali (Toscana, Umbria, Marche e Lazio); tra le 45-54enni; tra le laureate; nella classe media (impiegate, insegnanti, operaie, commesse e studentesse). All’opposto, le critiche risultano più diffuse nel nord-est e al sud, tra le anziane, tra le pensionate e le lavoratrici autonome (commercianti, esercenti, artigiane), tra le donne più basse della media per scolarità, reddito e consumi (ma anche tra diversi soggetti benestanti e severi). Se il voto medio é più che buono va detto che anche esso é peggiorato significativamente nell’ultimo triennio (era pari a otto più più, ossia a 8.2, alla fine del 2000): l’area dell’insoddisfazione s’é moltiplicata per sei, mentre le entusiaste sono calate dal 74% al 62%. I motivi di tale calo? L’insufficiente capacità di alcuni parrucchieri di valorizzare la capigliatura di quella cliente e di fare adeguati ‘diagnosi’ e interventi (anche con le macchine); l’inadeguata offerta di prodotti qualificati e spiegati; l’ambiente troppo pettegolo (e perciò non rilassante); l’esorbitante insistenza commerciale nel proporre servizi aggiuntivi; i prezzi troppo alti (per la fascia più bassa della popolazione femminile ma a volte pure per la classe media o per quella superiore). |